Gabriele Venturini
@ilventa

L'indigeno e il cavolfiore

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C'era una volta... ehm... no, non è una favola di Esopo, ma è quello che sta accadendo in Sud America in questi giorni. Jair Bolsonaro il nuovo leader del Brasile non poteva iniziare il suo mandato peggio di così. A poche ore dal suo insediamento, con un ordine esecutivo, ha trasferito i poteri per la gestione e la creazione di nuove riserve indigene al ministero dell'agricoltura (perchè? cosa c'entra?). Qualche dubbio viene, perché è noto che questo ministero è da sempre controllato dalla potente lobby dell'agrobusiness. Tanto per fare un esempio concreto 800.000 km quadrati di foresta amazzonica sono scomparsi, lasciando spazio ad agricoltura ed allevamento. In pratica è come se fosse stato deforestato un territorio più grande dell'intera Spagna per far posto alle coltivazioni. Sia chiaro, queste al momento sono solo preoccupazioni, ma i suoi discorsi che strizzano l'occhio alla deforestazione selvaggia, i suoi pronunciamenti a favore dell'uscita dagli accordi di Parigi e il negazionismo climatico lasciano poco spazio alla speranza. Forse è anche per questo che Dinamam Tuxá, coordinatore nazionale dell’Associazione dei popoli indigeni del Brasile, parlava di prossimo “genocidio di Stato degli indigeni“.

Il nuovo Presidente è stato eletto da 58 milioni di Brasiliani che sperano possa mettere freno al declino dell’economia e alla violenza della microcriminalità, piaga che conta circa 60.000 morti l'anno, una sorta di guerra civile.